La notizia delle lauree magistrali ad indirizzo clinico per la professione infermieristica ha aperto un dibattito che, a nostro parere, poggia su presupposti fragili e, nel caso della prescrizione, vecchi.
Fragili perché, nel merito, sappiamo ancora poco. Che il Ministero della salute abbia licenziato un documento relativo alle competenze che dovranno essere possedute dagli Infermieri con laurea magistrale è certamente una notizia rilevante, ma soltanto per la sua valenza generale. È facendo riferimento a questa unica informazione certa che la nostra Federazione nazionale si è subito posizionata a favore dell’iniziativa ministeriale, in forza della sempre più insistente richiesta che negli anni le professioni sanitarie TSRM e PSTRP hanno avanzato nei confronti di una significativa revisione della loro formazione universitaria, anche in termini di magistrali cliniche in tutti quei casi in cui il triennio della laurea non appare più in linea con l’agire sempre più complesso di ogni singola professione. Quando avremo letto i documenti, potremo dire qualcosa di più puntuale.
Vecchi perché, al pari di altre, la querelle che si è aperta sulla prescrizione non ha più senso di esistere. Ha ragione il Ministro Schillaci quando invita a non avere paura dei cambiamenti. Da anni, la FNO TSRM e PSTRP è impegnata in modo responsabile, lungimirante e coraggioso a favore di un processo evolutivo delle professioni TSRM e PSTRP, dando addirittura per scontato il cambiamento e sulla base di due elementi concettuali fondanti: (1) la consapevolezza che in sanità una quota rilevante di competenze è condivisa o condivisibile (task-sharing), ovvero è o dovrebbe essere di legittimo appannaggio di due o più professioni sanitarie, a volte persino di tutte; (2) la distinzione tra fine e mezzi, riconoscendo solo il primo come tipico e riservato di ogni singola professione sanitaria, mentre i secondi sono a disposizione potenziale di ognuna di esse, a patto che ne facciano un uso coerente con il loro rispettivo fine, tipico e riservato.
Dal nostro punto di vista, quando la professione medica afferma che la prescrizione è una sua prerogativa esclusiva, la riconosce e la tratta come se fosse il fine tipico e riservato della professione, mentre dovrebbe essere intesa quale mezzo. Non sta a chi come noi Medico non è indicare quale sia il fine tipico e riservato della professione medica, ma ci sentiamo di affermare che la prescrizione deve essere un mezzo a disposizione di ogni singola professione sanitaria, per quel che le è proprio, e come tale dovrebbe essere riconosciuta e trattata.
Pertanto, la domanda alla quale dobbiamo rispondere non è se le altre professioni sanitarie possano o meno prescrivere, bensì, cosa ognuna di esse possa prescrivere, con quali competenze, all’interno di quale organizzazione, secondo quali modalità e, soprattutto, con quali finalità, dando per certo che, nei limiti appena richiamati, tale funzione le riguardi, con le correlate e commisurate responsabilità.
Si concorda tutti sulla necessità e sulla volontà di difendere e rilanciare il nostro servizio sanitario, meno sugli interventi e sulle modalità attraverso cui riuscirci. Il nostro modello concettuale ci pare concreto, moderno, attuabile, adattabile, sostenibile e, nei termini sopra indicati, sicuro ed efficace. Inoltre, risponde alla duplice esigenza di favorire, da una parte, la flessibilità del sistema e, dall’altra, la piena valorizzazione di tutte le professioni sanitarie.
Siamo convinti che il sistema sia pronto ad accogliere questi cambiamenti, di cui ha bisogno e che sta aspettando.
Si deve guardare al futuro anche con coraggio; il coraggio di cambiare, tutti, tutti insieme.