A cura della Commissioni di albo nazionale dei Tecnici ortopedici
Bebe esulta all’annuncio della sua vittoria, alla conquista della sua nuova medaglia, con tutto il suo corpo manifesta la gioia del risultato. È un vulcano in eruzione, assapora nuovamente l’esaltazione del momento, l’emozione del podio, nella posizione di maggior prestigio: è oro nel fioretto individuale, nelle paralimpiadi di Tokyo 2020 da poco concluse.E poi Ambra, Martina e Monica, tre ragazze, tre atlete, tre storie dietro un’affermazione paralimpica che ha dello straordinario: tutte insieme sui tre gradini del podio nella gara dei 100 metri! ”Orgoglio italiano” commenta entusiasta il Capo del Governo, con le paralimpiadi che si chiudono regalando all’Italia un medagliere record assoluto di tutti i tempi, 69 medaglie!
Come Bebe, come Ambra, Martina e Monica, altri sessantacinque, atleti ed atlete italiani, hanno conosciuto l’emozione del podio in questa straordinaria edizione dei giochi paralimpici: è un’emozione che contagia, un’emozione che ti prende e ti assale nel pensare alla tenacia, alla forte motivazione, al coraggio, ad essere protagonista del proprio futuro, al sacrificio, dietro quel risultato strabiliante.
Noi possiamo solo immaginare il dolore, la rabbia, il senso di vuoto esistenziale, la paura di guardare al futuro, la sensazione di vita spezzata… la difficoltà di ricominciare a vivere, di darsi il coraggio e la forza per ricominciare a sperare, quando un evento traumatico o una malattia toglie una funzionalità̀ di un segmento corporeo, facendo intravvedere un futuro fatto di privazioni, di perdita di autonomia, di isolamento, di emarginazione fisica e sociale.
Ma c’è anche un’altra vittoria, oltre il podio conquistato da Bebe, da Ambra, da Martina, da Monica e dai tutti gli altri atleti paralimpici, ed è la vittoria, non solo dell’atleta e dello sport, ma anche della tecnica ortopedica, dell’ortesica, della protesica, che è riuscita a ripristinare le funzionalità ridotte o assenti attraverso dispositivi medici che diventano una estensione del corpo.
Vittorie da entrambi i fronti, dunque, da quello della persona, nella sua dimensione fisica, psicologica ed esistenziale, insieme, a quello della scienza e della tecnica che, con il progresso della ricerca medica e riabilitativa e lo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi materiali, hanno rivoluzionato il campo ortoprotesico: un mix che ha permesso ad entrambi i fronti di evolvere in un rapporto sinergico e che apre spazi di opportunità̀ per future conquiste e l’affermazione del concreto concetto di salute quale condizione dinamica di benessere fisico, mentale, spirituale, sociale e ambientale, non mera assenza di malattia.
Se guardiamo alla storia delle paralimpiadi capiremmo che le eccezionali performance atletiche e sportive sono anche il risultato di un percorso innovativo di riabilitazione fisica e di applicazioni tecnologiche, frutto della geniale intuizione di un medico tedesco, il dr. Ludwig Guttmann, che negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, inserì̀ lo sport tra le attività̀ utili ad integrare i programmi riabilitativi, ravvivando entusiasmo ed amor proprio di uomini mutilati o paralizzati, considerati fino ad allora inguaribili e senza più̀ speranze. Molte cose sono cambiate da quel momento, fino all’approdo delle competizioni sportive paralimpiche nella grande kermesse internazionale dei giochi olimpici in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960 – grazie anche alla sua collaborazione con il medico italiano Antonio Maglio, dirigente di un Centro per Paraplegici – ed è stato un crescendo di successi e di risultati strabilianti, anche in sport ritenuti impraticabili da persone affette da gravi limitazioni funzionali.
Un crescendo che trova una sua spiegazione logica se lo esaminiamo guardandolo dal punto di vista delle tecniche ortoprotesiche e del loro sviluppo: non a caso dagli anni 60 ad oggi si è assistito ad una vera e propria rivoluzione che in questo ambito ha coinvolto; tecniche , tecnologie e nuovi materiali. Dalle protesi statiche tradizionali,, costruite in legno e cuoio, si è passati, proprio in quegli anni, alle prime protesi mioelettriche controllate da impulsi generati dalla contrazione muscolare, in grado di far muovere la mano artificiale in maniera quasi naturale, assecondando la volontà della persona.
È di quegli anni l’introduzione di nuovi materiali, resine e materie plastiche, nei processi di lavorazione e realizzazione dei dispositivi, fino a giungere alle moderne tecnologie, in particolare CAD – CAM, tutte basate sull’utilizzo della strumentazione elettronica.
La personalizzazione dei dispositivi ortoprotesici, ad opera dei professionisti sanitari Tecnici ortopedici, fattore fondamentale nella realizzazione delle protesi sportive, può̀ contare oggi su un grado di precisione nella rilevazione delle misure impensabile fino a pochi anni addietro, grazie all’impiego di sistemi di scansione laser. Componenti delle protesi in fibra di carbonio, rivestimenti siliconici capaci di proteggere il moncone, garantendo maggiore stabilità, protesi elettroniche, arti robotizzati che ridanno sensibilità̀ alle dita, …insomma, un’evoluzione epocale che non si è arrestata e che, grazie alla continua ricerca in bioingegneria ed al lavoro paziente di professionisti, come i Tecnici ortopedici, ha consentito di migliorare, nel tempo, l’efficienza dei dispositivi ortoprotesici.
Le performance paralimpiche dei nostri atleti hanno potuto contare su questo mondo in evoluzione. Il mondo della disabilità e quello della produzione dei dispositivi medici si sono alimentati reciprocamente di stimoli che hanno consentito ad entrambi di migliorarsi: da una parte la volontà unita alle capacità ed alla particolare disabilità dell’atleta, dall’altra le risposte ortoprotesiche con la capacità di trasformare i bisogni della persona (e dell’altleta) in dispositivi sempre più performanti.
Tra tecnica ortopedica e disabilità, nel corso di questi anni, si è realizzata una sintesi perfetta, in cui l’unione tra tecnologia e volontà riescono a trasformare la disabilità in abilità.
Abbiamo ancora vivo il ricordo di Bebe che esulta all’annuncio della sua vittoria e non possiamo non esultare con lei e con tutti i campioni paralimpici …perché il loro entusiasmo e la loro voglia sono un esempio per tutti. Rappresentano l’invito a non lasciarsi andare e a “farcela” contro tutte le avversità̀ della vita. Queste medaglie hanno coronato anni di sacrificio fatte di snervanti percorsi riabilitativi, di prove e verifiche tecniche sulla funzionalità̀ dei loro arti artificiali e protesi, grazie ai quali hanno riconquistato quella autonomia e quella capacità di affrontare sfide sportive al limite dell’impossibile dimostrando quanto la vita avesse ancora tanto da dare a loro stessi e tramite le loro imprese a tutta la nostra Nazione, trasformandosi in campioni sportivi.
E comunque il mondo della tecnica ortopedica dice grazie a questi atleti, perché sono loro i veri protagonisti, ma siamo fieri di aver contribuito, sotto l’aspetto professionale, con studio, ricerca, applicazione e tecnologia all’avanguardia a realizzare quel sogno.